E’ il 6 Giugno 2014, Stadio San Vito di Cosenza. 
Francesca, la giornalista che presenta la serata, mi chiama sul palco e mi ritrovo davanti ad ottomila persone, l’intera curva sud, davanti agli occhi.
Le avevo avute per molti anni davanti, ottomila persone allo stadio. Anche di più. Per quasi 30 anni avevo tenuto in mano il megafono principale degli Ultrà del Cosenza. Senza vedere le partite ma dando il via ai cosi dei tifosi rossoblu.
Ma quella sera era diverso. Mi trovavo davanti un pubblico che avevo, e mi aveva, conosciuto da poco. Quelli che si erano innamorati del “mio” teatro, dei “miei” attori, di una “mia” commedia, che parlava di un “mio” amico.
Tutto ciò era surreale. Quasi folle nella sua concreta realtà. Impossibile solo da immaginare. 
Conzativicci era li per iniziare e quelle ottomila persone erano li per gustare uno spettacolo teatrale in dialetto cosentino. Mai successo prima e mai immaginabile anche solo qualche mese prima.
Mio fratello era in fin di vita e morì tre mesi dopo. Lo salutai idealmente pubblicamente in quella occasione. Salutai la sua voglia di vivere ed il suo orgoglio per me, ultimo di 7 figli di bidello. Nato e cresciuto al Primo Lotto di Via Popilia. Il quartiere più difficile ma anche il più umano della città.
Salgo sul palco ed ho la classica paresi di due secondi da effetto palco. In quei due secondi ti passa davanti la scritta: ma chi ci fazzu cà?
Poi però hai la voglia di spiegare a tutti cos’è La Terra di Piero e perché siamo li. 
Per far divertire la gente, ovvio. Ma siamo, e sono, lì perché c’è un progetto da completare. Un Parco Giochi accessibile ai bambini disabili dell’area urbana. Tutto nel nome di Piero Romeo, uno dei miei maestri di vita.
Ora ci sono ottomila persone che aspettano che io dica qualcosa e poi aspettano di ridere e poi ancora ridere. Così è successo alla fine e così era quello che avevo sognato. 
Non avevo sognato che a fine spettacolo, proprio mentre Francesca faceva il nome di Piero Romeo, ottomila persone vedessero una stella cadere all’orizzonte.
Era Piero? Io, da ateo sbattezzato dico di no, ovviamente.
Però quella stella è caduta in quell’attimo, vista da quel posto, in quella notte dei miracoli, la mia.